Il Maggio, scritto da Miriam Aravecchia (omaggiata nel finale con un sonetto) per le splendide voci dei Paladini della
valle è stato un successo di critica e di pubblico. Anche qui, come in tutta la Val Dolo, melismo magico, pausa lunga e madrigalismo gestuale. Erio ed Emore Chesi alla chitarra ed al violino e, come ovunque, dopo la nuova legislazione su alcool e guida, molta acqua e poco vino (che secondo me è, sul piano della tradizione, un peccato, ma una vera opportunità sul piano della civiltà dei rapporti!)
Abbiamo risentito la bella voce di Giancarlo Giacopelli (il vecchio re di Samarcanda, Dario) finalmente con un qualche quartina in più che non nella parte di re Perseo in Ventura del Leone (spiace, data la voce, sentirlo cantar poco); Daniele Dieci (Ascanio figlio di Dario che sposerà Surama – Laura Verdi – figlia del re Omar di Genovia) che già avevamo apprezzato nel ruolo di Achille in La guerra di Troia; Viviano Turrini, qui nel ruolo di re Omar e che avevamo potuto apprezzare nel Menelao de La guerra di Troia; infine il giovane Campione, Massimiliano Aravecchia che ha corso per oltre tre ore dimostrando la sua valentia anche in assenza del padre Lorenzo, già direttore di scena a Morsiano.
Non ci sono crociati né cristiani in questo Maggio e quando ci si rivolge a dio lo si chiama Allah vero protettore dell’amore di Fatima e Saul (i grandi Roberta Rossi ed Erio Costi) che pur contrastato e vilipeso riesce a vincere gli orrori a cui è sottoposto e a librarsi nel cielo della felicità. E sempre Allah proteggerà Surama, promessa contro la sua volontà, quasi venduta dal padre a Morgante (che Loris Rossi interpreta magistralmente con registri tra il cattivo e l’ironico) ma che con l’aiuto del fratello Ascanio e di Saul riuscirà a fuggire ed infine a coronare il suo sogno d’amore con il giovane principe Gioele (il bravo Gianni Manfredi) che la farà regina del suo cuore e di Samarcanda.
Un’ultima notazione per Sirio (Costi Divo) un gran cattivo, che a tratti ci ha fatto ricordare il compianto Bruno Zambonini che dei cattivi del Maggio è stato matrice, e che ha interpretato il ruolo del reggente che dopo aver ucciso re Dario cerca, inutilmente, di sposarne la figlia, di ucciderne il figlio e di usurparne il trono. Di lui vogliamo ricordare l’ultima ottava:
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L’inferno le sue porte mi spalanca
C’è Satana ghignante ad aspettarmi
Vorrei fuggirlo ma la mano stanca
La forza non ha più di riscattarmi
Ma se la morte mia voi tutti affranca
Invano tenterete di scordarmi
Perché vi maledico e sentirete
Il gel dell’odio mio finché vivrete.
Valdesalici Benedetto