Introduzione
Quando in città si parla di Villa Minozzo, è voce diffusa pensarlo ancora come un luogo lontano, scomodo, isolato e solitario, disperso tra i monti, noto al grande pubblico solo ed esclusivamente per qualche sporadica vicenda e Internet mal si connette con una popolazione poco avezza alla tecnologia, ma che, tuttavia è capace di sintonizzarsi col mondo attraverso il codice dei sentimenti umani, di quelle sensazioni che non possiamo definire primordiali, pur essendo nate con l’uomo. Anche Villa non sa e non può smentire il motto che contraddistingue gli italiani nel Mondo: “Popolo di santi di navigatori e di poeti“.
I Santi, forse, qui non trovano una giusta ed appropriata collocazione, ma navigatori si, nella più vasta accezione del termine, perché anche Villa ha pagato sulla propria pelle lo scotto di una decennale emorragia migratoria che ha visto la gente solcare i mari e le strade del mondo nell’ affannosa ricerca di un benessere che la nostra terra impervia e rocciosa non ha saputo prodigare ai sui figli, lasciando cosi che il silenzio dell’ abbandono si appropriasse dei borghi, delle strade, delle campagne. Ecco da qui scaturire i passi nostalgici di molte penne, non certo famose come un Montale, un Quasimondo, un Leopardi, sicuramente scrittori minori come fama, ma non certo come sensibilità, ricchezza d’animo, nobiltà di sentimenti.
Nel nostro territorio molti sono coloro che si esprimono in Prosa o in Poesia; non intendono ovviamente fare letteratura, ma cultura di vita che corre sul filo delle emozioni e delle vicende della quotidianità prefiggendosi di sublimare i sentimenti attraverso i loro scritti. E se è vero che la poesia nasce dal sogno dell’ anima, moltissimi sono i sogni delle anime montanare, perché infiniti sono gli scritti che si possono reperire non solo nelle pubblicazioni locali, ma anche sui quaderni nascosti nei cassetti di casa di molti valentissimi “Dilettanti” dalla Val Dolo alla Val Luccola.
Ci sono in queste produzioni Poetiche, filoni ricorrenti che spaziano dal tema nostalgico degli emigranti per le proprie terre, alle sofferenze materiali dettate da un vivere ai limiti del possibile; ai tormenti di notti insonni di chi soffre, all’inno alla vita con tutte le sue gioie; al grido di dolore di chi ha dovuto fare i conti con morti premature; alla guerra la cui follia tutto sporca e intristisce; al ricordo di quanti, per questa follia, non ci sono più; alla durezza di situazioni attuali pesanti come macigni montani; al canto della magnificenza dei nostri monti, delle nostre valli che hanno dato vita anche a racconti e a leggende costruiti intorno a personaggi, a vicende e a luoghi particolarmente significativi ed emblematici. Ogni poesia, al di la del suo schema, vuole essere un pensare positivo, un messaggio profondo, espresso attraverso i canoni tipici dello standard poetico, siano essi metafore, personificazioni, figure retoriche, similitudini….
E c’è la poesia per immaginare, per fantasticare, per riflettere, per descrivere e raccontare, per denudare sentimenti.
La poesia in quel di Villa è tutto questo: rimpianto, nostalgia, speranza, dolore, ricordo, descrizione, vanto, emozione, amore, delicatezza, sofferenza, libertà, perdono e gioia espressi nelle forme più svariate, siano essi sonetti, versi in rima baciata / alternata / incrociata, versi sciolti o brevissime liriche paragonabili agli Haiku Giapponesi e riconducibili a fotografie dell’anima, scatti unici per immortalare un “sentire” che nel tempo non muta, trasmissione di un sapere che, forse, non riesce più ad essere patrimonio della comunità, perché una globalizzazzione sempre più incalzante e non sempre controllabile ne compromettere le radici, però non vogliamo certo che la montagna nostra che tanto ha ispirato, si consumi nel mito di se stessa e con essa scompaia tutto ciò che di prezioso possiede: usanze, tradizioni, poeti e narratori, talenti non sempre considerati e giustamente valorizzati.
(Annamaria Fioroni)
Il ballo dei Gobbi
IERI…
Nel repertorio della Compagnia è stato inserito un numero molto particolare che fa parte delle antiche tradizioni che questo gruppo é riuscito a ritrovare e trasmetterci: il Ballo dei Gobbi. Questo ballo, originario dell’Italia settentrionale, fu eseguito per la prima volta nel territorio del comune di Villaminozzo, a Novellano nel 1937. Dall’anno successivo venne poi rappresentato a Gazzano dove Ferruccio Verdi al violino e Lino Alberghi alla chitarra, accompagnarono per diversi anni i gobbi che si esibivano nel periodo di Carnevale nell’ambito delle serate danzanti. Ma il Ballo dei Gobbi sarebbe caduto sicuramente nel dimenticatoio, se verso la fine degli anni ’70 il gruppo di amici che più tardi avrebbe dato origine alla Compagnia dialettale di Gazzano non avesse deciso di recuperarlo.
…..OGGI.
Oggi con Valentino Secchi alla chitarra, i gobbi di Gazzano continuano, ad esibirsi in questo ballo che, in sintesi, é la descrizione mimata e ballata dell’incontro di quattro irascibili vecchietti.
Dopo essersi guardati male, i protagonisti del ballo che hanno una vistosa gobba sulla schiena, cominciano una violenta discussione che li porterà attraverso spinte, offese e calci nel sedere, addirittura a bastonarsi l’un l’altro. Tutto questo avviene mentre i gobbi girano in circolo al ritmo della caratteristica musica suonata da violino e chitarra.
I quattro anziani personaggi sono accompagnati dal “mnûn” (l’accompagnatore) il cui compito principale è quello di annunciare l’arrivo dei gobbi e assisterli nelle varie fasi del ballo, raccogliendo il cappello eventualmente caduto durante lo scambio reciproco. Lo scambio del cappello infatti, è il momento più delicato di questa esibizione perchè nessun copricapo deve cadere e alla fine del giro ognuno dovrà riavere il proprio cappello sulla testa. Gli amici di Gazzano hanno raddoppiato il numero dei gobbi portandolo da 4 a 8 e questo rende il ballo ancora più spettacolare. Nel corso degli anni si sono avvicendati sotto le maschere una ventina di gobbi e oggi la formazione ufficiale che annovera i veterani Marco Secchi, Giovanni Stefani e Remo Secchi, oltre saltuariamente Ennio Secchi e Sauro Caselli conta anche Pietro e Roberto Secchi, Michele Merciadri, Peter Traversoni e Francesco Rondini.
Per informazioni rivolgersi a:
Remo Secchi
via Papa Giovanni XXIII n°20
42100 Reggio Emilia
num. tel: 0522556275 – Cell. 379/1083466